La determinazione della “giusta retribuzione” può essere effettuata secondo equità

Nota a Trib. Milano 20 luglio 2023, n. 2251

Fabrizio Girolami

Come noto, l’art. 36, co. 1, Cost. prevede il diritto del lavoratore a percepire una retribuzione “proporzionata” alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso “sufficiente” ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa (c.d. “giusta retribuzione”). In applicazione di tale principio, il giudice di merito ha la possibilità di “disapplicare” il trattamento insufficiente applicato nei singoli casi, anche se corrispondente a un contratto collettivo nazionale e sottoscritto dai sindacati maggiormente rappresentativi, e determinare la giusta retribuzione in base a criteri equitativi.

Lo ha affermato il Tribunale di Milano 20 luglio 2023 (R.G. n. 9324/2022, 9326/2022 e 9327/2022) con riferimento ad una controversia instaurata da tre lavoratori in servizio a tempo pieno e indeterminato presso una società per azioni, con mansioni di “addetto all’insieme delle attività e delle operazioni che comportano l’esercizio anche promiscuo e/o sussidiario della sorveglianza e/o della custodia, controllo accessi, reception, assistenza clienti, ricevimento e smistamento corrispondenza e plichi o delle singole operazioni comunque rientranti nel predetto novero” e inquadramento nel livello D  con la qualifica di addetti alle “attività di reception del c.c.n.l. per i dipendenti di istituti e imprese di vigilanza privata servizi fiduciari. I lavoratori avevano adito il Tribunale di Milano chiedendo di accertare e dichiarare la nullità e/o illegittimità dell’art. 23 c.c.n.l. per i dipendenti da istituti e imprese di vigilanza privata per contrarietà al principio della “giusta retribuzione” di cui all’art. 36 Cost. (in quanto l’importo lordo di Euro 950,00 previsto da tale c.c.n.l. considerato per 13 mensilità non assicurerebbe una vita libera e dignitosa) e, per l’effetto, l’accertamento del diritto a percepire un trattamento salariale non inferiore a quello previsto (in alternativa fra loro) dal c.c.n.l. Servizi di Pulizia – Aziende Industriali, dal c.c.n.l. Proprietari di Fabbricati, dal c.c.n.l. Terziario – Confcommercio, o, ancora, diversamente determinato in via equitativa, nonché la condanna della società al pagamento delle conseguenti differenze retributive.

Il Tribunale ha accolto i ricorsi, ritenendo la retribuzione corrisposta ai lavoratori nel corso del rapporto di lavoro non conforme al precetto dell’art. 36 Cost. In particolare, secondo il giudice:

  • l’art. 23, par. 3, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 stabilisce che “ogni individuo ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale” e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea riconosce (art. 31, par. 1) il diritto di ogni lavoratore a “condizioni di lavoro sane, sicure, dignitose”;
  • l’art. 36, co. 1, Cost. “comprende in sé il principio della proporzionalità e quello della sufficienza della retribuzione” in cui “il principio della proporzionalità è legato alla funzione corrispettiva, e più precisamente al sinallagma contrattuale, mentre il principio della sufficienza è espressione della funzione sociale della retribuzione e, quindi, del valore sociale attribuito al lavoro dalla Carta costituzionale”;
  • laddove la retribuzione prevista da un contratto collettivo non risulti adeguata al minimo costituzionale di cui all’art. 36 Cost., la stessa va disapplicata e il giudice può assumere come parametro di riferimento il trattamento retributivo previsto da altri contratti collettivi di settori affini e per mansioni analoghe, come è anche ammissibile “l’utilizzo da parte del giudice di diversi criteri quali l’equità, il tipo e la natura dell’attività svolta, il confronto con situazioni analoghe, le condizioni di mercato”, tenuto conto che l’equità “svolge un ruolo importante nel diritto del lavoro”.

Sentenza

Retribuzione contrattuale collettiva e profili di conformità all’art. 36 Cost.
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