L’utilizzo “irregolare” dei permessi per l’assistenza al disabile non legittima il licenziamento.

 Nota a Cass. 22 ottobre 2019, n. 26956

Flavia Durval

La Corte di Cassazione (22 ottobre 2019, n. 26956) torna a “fare il punto” sulla disciplina relativa ai permessi retribuiti di cui all’art. 33, co. 3, L. n. 104/1992, ribadendo una serie di principi fondamentali:

a) l’istituto dei permessi costituisce “espressione dello Stato sociale che eroga una provvidenza in forma indiretta, tramite facilitazioni e incentivi ai congiunti che si fanno carico dell’assistenza di un parente disabile grave”. Come evidenziato dalla Corte Cost. n. 213/2016, si tratta di uno strumento di politica socio-assistenziale “basato sul riconoscimento della cura alle persone con handicap in situazione di gravità prestata dai congiunti e sulla valorizzazione delle relazioni di solidarietà interpersonale ed intergenerazionale”;

b) il rilievo costituzionale dell’interesse protetto dall’istituto de quo (v. artt. 2 e 32 Cost.) giustifica l’obbligo, a carico del datore di lavoro, della concessione di tre giorni di permesso mensile retribuito a favore del lavoratore che assiste una persona con handicap grave e l’onere più generale a carico della comunità tramite l’ente previdenziale (v. Cass. n. 175/2005);

c) ma l’assenza dal lavoro per la fruizione del permesso va posta in relazione diretta con l’esigenza cui è finalizzato il diritto stesso e cioè l’assistenza al disabile;

d) è pertanto escluso che “alla fruizione del permesso possa connettersi una funzione meramente compensativa o di ristoro delle energie impiegate dal dipendente per l’assistenza prestata al disabile o, comunque, la possibilità di utilizzare il permesso per esigenze diverse da quelle per le quali è stato concesso” (v. Cass. n. 17968/2016, in questo sito, con nota di F. BELMONTE, L’utilizzo distorto dei permessi ex art. 33, co. 3, L. n. 104/1992 legittima il licenziamento);

e) ne consegue che qualora manchi il nesso causale fra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile “si è in presenza di un uso improprio ovvero di un abuso del diritto” che “priva ingiustamente il datore di lavoro della prestazione lavorativa in violazione dell’affidamento riposto nel dipendente ed integra, nei confronti dell’ente di previdenza erogatore del trattamento economico, un’indebita percezione dell’indennità ed uno sviamento dell’intervento assistenziale” (v. Cass. n. 4984/2014).

Tutto ciò premesso, la Corte conferma la sentenza della Corte di Appello di Salerno (n. 409/2018) secondo cui, nella fattispecie, il mancato utilizzo, da parte del lavoratore, dei tre giorni di permesso mensile ex art. 33, L. n. 104/1992, cit., per l’assistenza al padre disabile, non risultava così grave da giustificare la risoluzione del rapporto. Ciò, dal momento che non era emersa in sede probatoria l’esistenza di una operazione preordinata, diretta all’indebita fruizione dei permessi, nei giorni oggetto della contestazione disciplinare “al solo fine di espletare attività estranee all’assistenza del congiunto” (nello specifico, non era stata adeguatamente contestata o comunque smentita la natura imprevista ed occasionale dell’evento consistito nelle infiltrazioni d’acqua nell’immobile di proprietà; evento che aveva determinato la necessità per il dipendente di svolgere i lavori nell’immobile stesso, con riduzione della sua presenza presso l’abitazione del padre); “di talché era da escludere la natura concretamente abusiva dell’utilizzo dei premessi posta a base del recesso”.

Funzione e limiti dei permessi per assistenza al disabile
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