Nel processo del lavoro, la registrazione di una conversazione è una prova legittima, spendibile per motivi di difesa, anche se il dipendente registrato non ne è al corrente.

Nota a Cass. 29 settembre 2022, n. 28398

Pamela Coti

La registrazione di una conversazione sul luogo di lavoro effettuata all’insaputa dei presenti dal dipendente per ragioni di difesa, anche in giudizio, costituisce una legittima fonte di prova nel processo del lavoro, a condizione che colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione sia davvero avvenuta e che almeno uno dei soggetti tra cui la conversazione si svolge sia parte in causa.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione 29 settembre 2022, n. 28398 in relazione al licenziamento intimato nei confronti di una lavoratrice che, in sede di giudizio, aveva inteso dimostrarne l’illegittimità facendo ricorso alle registrazioni di colloqui con un collega, registrazioni ritenute dai giudici di merito inutilizzabili perché “illegittimamente captate”.

Al riguardo la Cassazione ha precisato che:

  • la registrazione di una conversazione tra presenti può costituire fonte di prova, entro determinati limiti e condizioni specificamente individuati dalla legge; in particolare “ la registrazione su nastro magnetico di una conversazione può costituire fonte di prova, ex 2712 c.c., se colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta, né che abbia avuto il tenore risultante dal nastro, e sempre che almeno uno dei soggetti tra cui la conversazione si svolge sia parte in causa”;
  • si può prescindere dal consenso dell’interessato quando il trattamento dei dati, pur non concernenti “una parte del giudizio in cui la produzione venga eseguita, sia necessario per far valere o difendere un diritto, a condizione che essi siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento” (v. n. 21612/2013). Pertanto, l’uso a fini difensivi di registrazioni di colloqui tra il prestatore e i colleghi sul luogo di lavoro non richiede il consenso dei presenti, considerata la necessità di bilanciare le istanze contrapposte della riservatezza e della tutela giurisdizionale del diritto, contemperando la normativa sul consenso al trattamento dei dati con le formalità previste dal codice di procedura civile per la tutela dei diritti in giudizio (v. Cass. n. 31204/2021, in q. sito con nota di F. DURVAL);
  • la condotta del lavoratore che abbia effettuato tali registrazioni per tutelare la propria posizione all’interno dell’azienda e per precostituirsi un mezzo di prova è legittima e non può integrare illecito disciplinare (v. Cass. n. 27424/ 2014), in quanto risponde (se pertinente alla tesi difensiva e non eccedente le sue finalità), alle necessità conseguenti al legittimo esercizio di un diritto (v. Cass. n. 11322/2018).
La registrazione di una conversazione sul luogo di lavoro costituisce una legittima fonte di prova
Tag:                                                                                                                         
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: