L’indebita fruizione dei permessi ex art. 33, L. n. 104/1992, per assistere un familiare disabile in situazione di gravità, legittima il licenziamento.

 Nota a Cass. (ord.)  25 marzo 2019, n. 8310

Francesco Belmonte

Il comportamento del lavoratore che si avvalga del permesso retribuito di tre giorni retribuito per assistere una persona con handicap in situazione di gravità, non in coerenza con la funzione attribuita dalla legge al permesso stesso, legittima il licenziamento poiché “integra un abuso del diritto in quanto priva il datore di lavoro della prestazione lavorativa in violazione dell’affidamento riposto nel dipendente ed integra, nei confronti dell’Ente di previdenza erogatore del trattamento economico, un’indebita percezione dell’indennità ed uno sviamento dell’intervento assistenziale” (v. Cass. n. 17968/2016, in questo sito, con nota di F. BELMONTE, L’utilizzo distorto dei permessi ex art. 33, co. 3, L. n. 104/92 legittima il licenziamento).

In particolare, la gravità dell’infrazione emerge dalla lesione della buona fede, “per avere il lavoratore ingiustamente privato il datore della prestazione per finalità diverse dal diritto di assistenza al familiare disabile”, e dal “disvalore sociale di tale condotta rispetto all’Importanza dei beni sottostanti al riconoscimento del diritto ai permessi di cui al citato art. 33, L. n. 104/1992”.

Il principio è ribadito dalla Corte di Cassazione ord. 25 marzo 2019, n. 8310 (che conferma App. Roma n. 455/2018), la quale precisa altresì che, in tale circostanza, grava sul datore di lavoro l’onere di dimostrare l’assenza di nesso causale tra la fruizione dei permessi e l’assistenza al familiare disabile.

Nella fattispecie, la società aveva dimostrato che il familiare disabile dell’attuale ricorrente si era trovato, in coincidenza con la durata dei permessi, per ben sei volte impegnato in attività lavorativa, senza che, peraltro, il lavoratore avesse dedotto “quale attività avrebbe posto in essere in favore del padre durante il periodo di durata dei permessi in questione”.

Come noto, l’art. 33, co. 3, L. n. 104/1992, recita: “A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti (La Corte Costituzionale, con sentenza 23 settembre 2016 n. 213, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non include il convivente – nei sensi di cui in motivazione – tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado).

(In riferimento al presente co., v.: Interpello del Ministero del Lavoro 26 giugno 2014, n. 19/2014; Interpello del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 20 maggio 2016, n. 20/2016.)

3-bis. Il lavoratore che usufruisce dei permessi di cui al comma 3 per assistere persona in situazione di handicap grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 chilometri rispetto a quello di residenza del lavoratore, attesta con titolo di viaggio, o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito”.

(In riferimento all’art. 33, L. n. 104/1992, v.: Circolare INPS 23 maggio 2007, n. 90; Circolare INPS 23 maggio 2007, n. 90; Messaggio INPS 28 giugno 2007, n. 16866; Circolare INPS 29 aprile 2008, n. 53; Messaggio INPS 28 maggio 2010; Messaggio INPS 7 agosto 2018, n. 3114).

Assistenza del familiare disabile
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