La lavoratrice che si dimette durante il periodo in cui vige il divieto di licenziamento ha diritto all’indennità sostitutiva del preavviso anche nell’ipotesi in cui inizi, in seguito alle dimissioni, un nuovo lavoro.

Nota a Cass. 17 giugno 2019, n. 16176

Francesco Belmonte

La lavoratrice madre ha diritto, in caso di dimissioni volontarie rassegnate nel periodo in cui opera il divieto di licenziamento, alle indennità previste dalla legge o dal contratto di lavoro nell’ipotesi di licenziamento, ivi compresa l’indennità sostitutiva del preavviso (art. 55, D.LGS. 26 marzo 2001, n. 151), a prescindere dal motivo delle dimissioni e, quindi, anche nell’ipotesi in cui esse risultino preordinate all’assunzione della stessa dimissionaria alle dipendenze di altro datore di lavoro.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (17 giugno 2019, n. 16176), in linea con la Corte d’Appello di Firenze (n.1056/2013), nella fattispecie riguardante una dirigente medico dell’ASL di Empoli, la quale, in seguito alle dimissioni rassegnate durante l’anno immediatamente successivo all’ingresso del figlio adottivo in famiglia,  aveva lavorato in forma autonoma mediante sostituzioni periodiche di altri professionisti medici; nonché all’interno dell’ambulatorio medico gestito dalla sorella attraverso una società di cui, successivamente, la medesima lavoratrice era divenuta anche socia accomandante.

Come noto, in materia di dimissioni l’ordinamento riserva alla madre lavoratrice (come pure al padre lavoratore) una tutela di miglior favore (prevista dalla L. 28 giugno 2012, n. 92 e dal D.LGS. n. 151/2001) rispetto a quanto disposto per la generalità dei prestatori, tenuti, pena l’inefficacia dell’atto, a rassegnare le dimissioni “esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali attraverso il sito www.lavoro.gov.it e trasmessi al datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro competente (n.d.r.: oggi, ITL)…” ( ai sensi dell’art. 26, D.LGS. 14 settembre 2015, n. 151 – modificato dall’art. 5, co. 3, D.LGS. 24 settembre 2016, n. 185 – e del D.M. 15 dicembre 2015).

In primis, sono tutelati in caso di dimissioni volontarie (art. 55, D.LGS. n. 151/2001, come modificato dall’art. 4, co. 16, L. n. 92/2012): 1) la lavoratrice in gravidanza per tutto il periodo in cui vige il divieto di licenziamento (vale a dire dall’inizio del periodo di gravidanza fino al compimento di 1 anno di età del bambino); 2) il lavoratore che ha usufruito del congedo di paternità; 3) entrambi i genitori, nel caso di adozione e di affidamento, entro 1 anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare.

I genitori che si dimettono durante tali periodi non sono tenuti al preavviso e la relativa indennità di mancato preavviso (di cui all’art. 2118 c.c.) è a carico del datore di lavoro. Essi hanno altresì diritto a percepire il sussidio di disoccupazione NASpI.

Infine, la richiesta di dimissioni – presentata dalla madre durante il periodo di gravidanza, dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi 3 anni di vita del bambino, o nei primi 3 anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento – deve essere convalidata dall’ITL competente per territorio. Tale convalida costituisce una condizione essenziale di validità delle dimissioni medesime, senza la quale l’atto unilaterale è da considerarsi viziato da nullità assoluta ed inidoneo ad estinguere il rapporto di lavoro.

(Per un approfondimento in merito alle tutele riservate ai genitori lavoratori, v., in questo sito, F. BELMONTE e D. CASAMASSA, I congedi di maternità, paternità e parentali nel lavoro subordinato privato, Monotema n. 1/2019).

Dimissioni della madre lavoratrice
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