Ai fini della decadenza dalla fruizione della NASpI, l’onere di dimostrare che l’attività svolta sia di natura subordinata o che il reddito sia superiore a quello esente da imposizione fiscale spetta all’INPS.

Nota a Trib. Monza 15 gennaio 2024, n. 11

Sonia Gioia

In materia di prestazioni di disoccupazione, il lavoratore che, durante il periodo di percezione dell’indennità di NASpI, instauri un rapporto di lavoro subordinato superiore a sei mesi o che dia luogo ad un reddito annuo presunto superiore alla soglia minima esente da imposizione fiscale perde il diritto alla prestazione ed è tenuto alla ripetizione delle somme indebitamente percepite, a condizione che l’ente previdenziale dimostri che la nuova attività abbia i caratteri della subordinazione (ai sensi dell’art. 2094 c.c.) o che il reddito percepito sia superiore all’importo di riferimento previsto dalla legge.

Lo ha stabilito il Tribunale di Monza 15 gennaio 2024, n. 11,  in relazione ad una fattispecie concernente una lavoratrice – che durante il periodo di percezione dell’indennità di disoccupazione, aveva svolto attività lavorativa, avente ad oggetto il procacciamento di nuovi clienti attraverso il servizio di telemarketing,  in favore di due diversi datori di lavoro – che lamentava l’illegittimità del provvedimento di restituzione delle somme erogate a titolo di NASpI, in quanto basato unicamente su una sentenza che aveva dichiarato la natura subordinata dei rapporti di lavoro di alcuni suoi colleghi (processo dal quale la ricorrente era rimasta estranea).

In giudizio,  la lavoratrice, nel sostenere che la sua posizione non poteva essere assimilata sic et simpliciter a quella degli altri lavoratori interessati dall’accertamento, aveva provato che il suo rapporto di lavoro era da considerarsi come autonomo (e che il reddito che ne derivava non era superiore al limite esente da imposizione fiscale) dal momento che era libera di organizzare la propria attività lavorativa, con riguardo sia al luogo che ai tempi di lavoro, secondo le proprie esigenze personali, non disponeva di una postazione all’interno degli uffici aziendali ed utilizzava la propria strumentazione informatica (computer e telefono cellulare).

A fronte di tali conclusioni, l’ente previdenziale si era limitato a produrre, oltre alla sentenza soprarichiamata, il verbale ispettivo da cui era emerso che alcuni lavoratori avevano prestato attività in qualità di collaboratori occasionali mentre dovevano ritenersi lavoratori subordinati, senza, tuttavia, fare alcuno specifico riferimento alla posizione della ricorrente e senza smentire puntualmente le allegazioni fornite da quest’ultima in merito agli indicatori del carattere autonomo del rapporto.

Come noto, la NASpI, istituita dall’art. 1, D.LGS. 4 marzo 2015, n. 22 (concernente “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”), è una indennità mensile di disoccupazione che viene erogata ai prestatori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente l’occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti:

a) lo stato di disoccupazione ex 1, co. 2, lett. c), D.LGS. 21 aprile 2000, n. 181 e succ. mm. ii. (recante “Disposizioni per agevolare l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro”);

b) la possibilità di far valere almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di mancanza d’impiego;

c) l’aver svolto – per i soli eventi di disoccupazione verificatisi prima del 1° gennaio 2022 – almeno 30 giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo di inattività (art. 3, D.LGS. n. 22 cit.).

Per quanto concerne la compatibilità della NASpI con lo svolgimento di attività di lavoro subordinato, l’art. 9, co. 1, D.LGS. n. 22 cit. prevede che il prestatore che, durante il periodo di percezione dell’indennità di disoccupazione, instauri un rapporto di impiego ex art. 2094 c.c. superiore a 6 mesi o che dia luogo ad un reddito annuo presunto superiore alla soglia minima esente da imposizione fiscale (oggi pari a 8145 Euro) decade dalla prestazione.

Diversamente, in caso di rioccupazione con contratto di lavoro subordinato inferiore a 6 mesi e/o con un reddito annuo presunto inferiore all’importo sopra richiamato, il lavoratore conserva il diritto alla prestazione, ridotta dell’80%, purché comunichi – entro 30 giorni dall’inizio dell’attività – il reddito annuo previsto e che il datore di lavoro o l’utilizzatore, in caso di somministrazione di manodopera, siano diversi dal datore di lavoro o dall’utilizzatore per i quali il dipendente prestava la sua attività quando è cessato il rapporto di impiego che ha determinato il diritto alla NASpI e non presentino rispetto ad essi rapporti di collegamento o di controllo oppure assetti proprietari sostanzialmente coincidenti  (artt. 9, co. 2 e 10, D.LGS. n. 22 cit.).

Ai fini della dichiarazione della decadenza dal diritto a percepire l’indennità di disoccupazione, l’onere di dimostrare il venir meno dei requisiti sopra richiamati grava, secondo il giudice, sull’ente previdenziale che è tenuto a fornire adeguata prova dello svolgimento dell’attività di lavoro subordinato o che il reddito annuo percepito sia superiore al limite previsto dalla legge.

Nel caso di specie, il Tribunale, dopo aver verificato che la lavoratrice aveva tempestivamente comunicato il reddito annuo previsto e che i nuovi datori di lavoro erano diversi dall’imprenditore con cui era in essere il rapporto che aveva determinato il diritto all’indennità di disoccupazione,  ha accertato l’illegittimità della richiesta di restituzione delle somme erogate a titolo di NASpI, precisando che il provvedimento dell’ente previdenziale non poteva fondarsi sic et simpliciter su una sentenza non ancora definitiva, oggetto di appello ed emessa nel corso di un giudizio dal quale la ricorrente era rimasta estranea e che era onere dell’INPS dimostrare con “idonee prove” che la ricorrente era impiegata in un rapporto di lavoro subordinato.

Sentenza 

Decadenza dalla NASpI e onere della prova
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